L’11 luglio 1982 avevo quasi nove anni, ma ricordo perfettamente dove ero e cosa facevo. Posso dire la stessa cosa del 19 novembre 2016. Nel primo caso mi trovavo in vacanza a Santa Maria al Bagno, ridente marina del Salento mentre l’Italia di Rossi, Cabrini e Tardelli diventava campione del mondo, vedo ancora gente vestita di bianco, rosso e verde, suonare trombe e battere coperchi di pentole, cantando a squarciagola. Nel secondo, invece, ero sul palco del teatro di San Domenico a Roma a tenere una lezione a cento fisioterapisti provenienti da tutta la penisola. Ho ancora in mente le luci, il sipario bordeaux, le poltroncine di velluto blu e persino il menu del pranzo al ristorante.
Perché lo ricordo? Semplicemente per aver vissuto due giornate ricche di emozioni forti. Non potrei dire la stessa cosa per l’11 luglio 1983 o per il 19 novembre 2015. La nostra mente memorizza e registra con molta facilità tutto ciò che è legato ad un’emozione: bella o brutta, triste o felice, positiva o negativa. Quando viviamo giornate diverse ricordiamo tutto: colori, odori, orari, sensazioni e persone.
Accade per le date, ma anche per i luoghi o per le persone, per le canzoni o i film, che diventano vere e proprie “ancore”. Così se voglio sentirmi più forte penso ad un giorno in cui lo sono stato davvero, o rivedo una persona con la quale mi sono sentito forte. Allo stesso modo, però, può accadere anche che la mente “peschi” ricordi spiacevoli, persone negative e situazioni tristi. Chi tende a farlo in maniere più sistematica solitamente avverte molto più la paura e l’ansia. Il nostro modo di agire è fortemente condizionato dai ricordi positivi o negativi della nostra vita: è dove va ad ancorarsi la nostra mente che fa la differenza.